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«La scuola che verrà» e le frottole

L’OPINIONE  EDO PELLEGRINI – membro comitato referendum

30 giugno 2018 – CDT

Nelle scorse settimane il DECS ha fatto recapitare in tutte le scuole, all’indirizzo dei docenti, un volantino intitolato «La scuola che verrà in breve». Alcuni deputati in Gran Consiglio hanno quindi interrogato il Consiglio di Stato chiedendo delucidazioni in merito e il Governo, in tempo record, ha risposto con affermazioni che sollevano qualche perplessità. Per esempio dice: «Trattandosi di un testo informativo che riporta unicamente elementi di fatto e non invita a esprimere un voto particolare, la comparazione con un volantino di promozione in vista della votazione non risulta corretta». Oh, oh. Innanzitutto il DECS ha sempre affermato, anche prima della votazione del credito per la sperimentazione, che i docenti condividono il progetto «La scuola che verrà» e ora, stranamente, i docenti ricevono «un testo informativo». Dunque i docenti condividevano qualcosa di cui non erano a conoscenza, altrimenti come si spiegherebbe la necessità di inviare ora, addirittura «in forma succinta», il volantino in questione? Mi sembra di poter dire che i casi sono due: o è una frottola che i docenti condividono «La scuola che verrà» o è una frottola che questo non è un volantino in vista della votazione di settembre. In secondo luogo, se fosse vero che non si tratta di «promozione in vista della votazione», l’invio, in questo momento, non avrebbe alcun senso: prima di tutto il contenuto del volantino riguarderebbe solo pochissime scuole (quelle toccate dalla sperimentazione) e solo, al più presto, fra oltre un anno, a settembre 2019, poiché solo a quel momento inizierebbe la sperimentazione. Perché mandarlo adesso? L’altra trentina di scuole medie e quasi tutte le elementari del cantone sarebbero coinvolte solo fra quattro anni o più (quando tutti avranno dimenticato le spiegazioni «in forma succinta»). Perché mandarlo a tutte le scuole adesso? Ma c’è di più: è possibilissimo che il contenuto del volantino non concerna proprio nessuno, né oggi, né mai, nel caso in cui il popolo dovesse rifiutare il credito di sperimentazione il prossimo 23 settembre. E allora perché inviarlo e perché farlo proprio adesso? Se non è per propaganda in vista della votazione, a me sembrano soldi sprecati (oltre tutto non si tratta di una semplice comunicazione in bianco e nero, ma di un costoso volantino in quadricromia; fra l’altro mi si riferisce che in una scuola del Luganese il mazzetto di volantini, dopo alcuni giorni, giaceva, ancora intatto, sul tavolo dell’aula docenti…). Il Governo, nella sua risposta, afferma che per la pubblicazione del volantino non è stato usato il credito per la sperimentazione de «La scuola che verrà»; è sicuramente vero, ma è altrettanto vero che la pubblicazione non è avvenuta gratis e quindi è stata pagata con i soldi delle imposte di coloro che mi stanno leggendo, anche di quelli dei contrari alla sperimentazione, contrari che, evidentemente e contrariamente al Governo, non disporranno di alcun contributo pubblico per fare pubblicità presso i docenti in vista della votazione. Il Governo scrive poi una frase che ha un po’ l’aria di una presa in giro: «Naturalmente i sostenitori del referendum, così come tutti i sostenitori della sperimentazione, se lo desiderano, hanno la possibilità di recapitare a loro spese il loro materiale anche presso le sedi scolastiche». Già: il Governo lo fa a nostre spese (dei contribuenti) e noi contrari, invece… di tasca nostra. Chiara la differenza?

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