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La Scuola media e i suoi problemi

17 aprile 2012 – CDT

Sul CdT del 4 e del 14 aprile si confrontano due visioni diametral­mente opposte del­la scuola media ti­cinese: quella del­la deputata Fran­cesca Bordoni Bro­oks, piuttosto rea­lista, che, in un certo senso, vorrebbe un ritorno al pas­sato, e quella del coordinatore del SI-SA, Janos Schnider, piuttosto illusoria, che preconizza il mantenimento di un sistema, a suo dire, democratico come l’attuale.
Sono insegnante da 34 anni, ho studia­to quando il sistema era quello della scuola maggiore e del ginnasio, nei miei primi anni d’insegnamento nel settore professionale gli allievi provenivano da entrambe queste scuole di vecchio stam­po, sono stato sia commissario d’esa­me al ginnasio, sia perito d’esame nel professionale ed infine i miei due figli sono uno giardiniere e l’altro laureato; quindi posso affermare di sapere di co­sa parlo. Posso concedere a Schnider che il sistema ai miei tempi non fosse un grande esempio di democrazia ne­gli studi; ciò nonostante ha permesso a me, di famiglia modesta, di laurearmi e a diversi miei compagni di studio di fare altrettanto pur essendo stati dap­prima alla scuola maggiore, dalla qua­le sono passati poi alla quarta ginna­sio oppure al corso preparatorio della Magistrale e hanno, in seguito, avuto accesso all’università.
Nel frattempo, la formazione professio­nale è cambiata in modo radicale, per cui un allievo che seguisse attualmen­te un’ipotetica scuola maggiore potreb­be frequentare poi un apprendistato di commercio, la maturità professionale, ottenere ilbachelor in una scuola uni­versitaria professionale e ilmaster a Harvard. Di striscio osservo che, se l’al­lievo in questione seguisse l’apprendi­stato di commercio percorso maturità, potrebbe concludere ilmaster impie­gando, in tutto, un anno in meno di chi fa la maturità liceale. È questa la de­mocratizzazione degli studi, non la pre­tesa di far studiare due o tre lingue stra­niere a chi è già in difficoltà con la lin­gua madre o la pretesa di voler mette­re nella stessa classe di terza e quarta media il futuro giardiniere o muratore che, magari, nella sua professione, rag­giungerà l’eccellenza, ma che proprio non ce la fa a seguire i corsi di scienze insieme al futuro scienziato del CERN e che quindi si sentirà perennemente abbattuto poiché il suo compagno ri­sponde con facilità alle domande di cui lui non ha nemmeno capito il senso. La democratizzazione degli studi con­siste nell’offrire ad ogni adolescente la possibilità di seguire, con profitto, un percorso scolastico e formativo confor­me alle sue capacità, attitudini e desi­deri, ma di offrire poi la possibilità eventuale di raggiungere obiettivi di formazione diversi da quelli scelti a 12-13 anni; e la formazione professionale ticinese e quella svizzera quest’ultima opzione la mettono ampiamente a di­sposizione, come ho dimostrato in pre­cedenza.
Il problema sta, però, prutroppo, come ben dice Francesca Bordoni Brooks, nel­la mancanza di dignità che ha il setto­re professionale in Ticino: ciò anche e soprattutto per demerito delle nostreautorità scolastiche, ma su questo te­ma tornerò prossimamente. Dal mio punto di vista quindi occorre un certo ritorno al passato: due anni di scuola media unica ed uguale per tutti e gli altri due in classi separate, suddivise per attitudini e capacità, in modo che i programmi d’insegnamento possano essere mirati alla prosecuzione degli studi (lingue e matematica a tutto gas) oppure alla formazione professionale (una sola lingua nazionale, eventual­mente due, tanto l’inglese che non stu­di lì lo potrai imparare in tre settima­ne a Londra, e programmi meno astrat­ti nelle altre materie).
Invece, nella situazione attuale, si la­mentano tutti (salvo il SISA): i docen­ti liceali che si ritrovano allievi non suf­ficientemente preparati (ed il tasso di bocciature del 30% al primo anno e del 20% al secondo lo dimostra in modo inequivocabile), i docenti del professio­nale che si ritrovano allievi che non rie­scono neppure a dire il loro nome in tedesco (contrariamente a quanto ap­pare sui programmi di scuola media), le aziende che vorrebbero un altro tipo di preparazione e anch’io, cittadino che paga le tasse, al quale dà un fastidio enorme il dover pagare gli studi ad al­lievi che impiegano sei anni a finire il liceo (quando lo finiscono), al modico costo di 15-20.000 franchi all’anno a testa quando, spendendo e stressando­si molto meno, potrebbero diventare ot­timi artigiani, capimastri, maestri mec­canici, enologi, contabili federali, tec­nici di marketing, infermieri, disegna­tori di moda, direttori d’albergo, ana­listi programmatori, tipografi, tradut­tori e chi più ne ha più ne metta.

Edo Pellegrini, Presidente UDF Ticino

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